Autore Topic: IRON BIKE 2009  (Letto 4077 volte)

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IRON BIKE 2009
« il: Agosto 10, 2009, 01:32:56 pm »
Ecco, questo è IRON BIKE.

Suona la sveglia, mancano pochi minuti alle quattro. Sei nel tuo sacco a pelo, fuori è buio pesto e fa freddo, ma ti devi alzare subito, prima degli altri concorrenti, nella speranza di trovare un bagno libero e poterlo usare serenamente senza dover continuamente urlare “occupato”. Non se ne trova uno con la chiusura ed i bagni sono tre per oltre duecento persone. Torni alla tua tenda alla luce della pila frontale facendo attenzione a non inciampare nei picchetti delle altre tende. Nel frattempo il campo inizia ad animarsi, spuntano altre luci e facce assonnate. Il direttore di gara suona la sveglia con quella specie di corno etnico proveniente da chissà quale paese africano o asiatico il cui suono ricorda un ciclope che si soffia il naso. Prendi la tua tazza e ti rechi dove gli altri stanno già facendo colazione, chiedi un po’ di caffè, cerchi lo zucchero, non lo trovi, pazienza. Una, due fette di pane e nutella, mezza banana, quello che riesci a mandare giù. E’ presto e l’appetito non si è ancora svegliato, ma devi mangiare il più possibile perché la tappa sarà lunga. Sciacqui la tazza nel lavandino, va bene così. Torni nuovamente alla tenda ed inizi a riassettare gli indumenti e tutti gli oggetti che la bomba esplosa ieri sera nella tenda ha sparso dappertutto. Lotti con il sacco a pelo ed il materassino per farli rientrare nelle loro custodie. Ti vesti, prepari il Camel Back, ci metti dentro la mantellina più pesante perché oggi si sale in alto, molto in alto. Rimetti tutto nel borsone, smonti la tenda e la ripieghi. Per fortuna non hai da pensare alla bici, l’hai già sistemata ieri sera e caricata sul camion che l’ha portata alla partenza di tappa di oggi. Ti carichi il borsone da 25 kg su una spalla più la tenda, fai un centinaio di metri e li butti sul camion, li ritroverai alla sera all’arrivo, molto, molto più tardi. Resta da prendere lo zainetto e il casco con l’imbottitura ancora bagnata di sudore da ieri. Gli autobus sono già nel piazzale, 5.30, chiamata generale, uno ad uno tutti i primi (ultimi) 80 concorrenti vengono chiamati all’appello. Nomi impronunciabili dalla Repubblica Ceca, Ungheria, Lituania. Tocca a te, sali sull’autobus e ti siedi dove trovi un posto libero, l’autobus parte, inizia ad albeggiare. L’incedere lento suggerisce il sonno e ne hai tanto. Guardi un po’ la strada, cerchi di intuire i profili delle montagne che dovrai scalare oggi, 4+1, cioè quattro in bici più un giro di giostra omaggio sugli impianti di Vars. Finalmente chiudi gli occhi e ti addormenti, anche pochi minuti sono utili per recuperare ancora qualche energia. L’autobus si ferma, avrai dormito un minuto. Piazzale triste subito fuori dal paese di Acceglio, si scende, uno corre e vomita dietro alcuni massi. Poco più in là una specie di recinto dove sono state custodite le bici durante la notte e la tenda di chi ha dormito lì a guardia, al centro.
Tutte le bici sono legate da lunghe catene, quindi ci vorrà un po’ per slegarle tutte. Intanto il sole è ancora un ricordo della calda giornata di ieri, per ora una tramontana fredda taglia le gambe, qualcuno ha una buona mantellina ed i gambali, altri no e muoiono di freddo. Ti nascondi dietro un camion per il movimento terra, ma le gambe non rimangono coperte, per fortuna hai i gambali, sarà un peso in più nello zaino dopo, ma ora sono preziosi. Arriva il proprietario del camion e senza troppi complimenti mette in moto e intima: “togliete le bici”. Deve andare a lavorare, oggi per lui è lunedì. Uno ad uno tutti i concorrenti vengono chiamati per ritirare la bici partendo dagli ultimi, chiamano il tuo nome, entri nel recinto, forse era di un maneggio, cerchi la tua, ci metti un po’ a trovarla tra altre 120. Verifichi che tutto sia a posto, che durante il trasporto non si sia storto qualcosa. Un altro concorrente bestemmia perché gli hanno rotto l’attacco del conta chilometri sul manubrio. La tua è a posto, sono le 7.00. Alcuni chiedono se si possa anticipare la partenza di mezz’ora, fa troppo freddo per aspettare ancora. Il direttore di gara nega questa possibilità per motivi di sicurezza, le moto non sono ancora passate e sul percorso non c’è ancora nessuno. Non resta che aspettare. Vai a fare la pipì dietro alcuni scogli, qualcuno si impegna un po’ di più nascosto dietro un arbusto. Puntuali alle 7.30 arrivano i cronometristi, inizia l’adunata, si parte dieci alla volta ogni minuto. Il direttore di gara inizia a chiamare uno ad uno i partecipanti partendo dall’ultimo. In classifica sei poco sopra la novantesima posizione, perciò sarai nella terza fila. Partenza, i primi dieci sfilano davanti alla valigetta gialla del controllo elettronico, la seconda fila si sposta parallelamente a se stessa per avvicinarsi, passa un minuto e partono anche loro. Si sposta anche la tua fila. 7.33, si parte. Chippi (cioè passi il chip sul rilevatore), agganci il pedale e da quel momento hai solo un pensiero fisso ed ossessivo: arrivare entro il tempo massimo, tredici ore, vale a dire le 20.33.
Si inizia su asfalto, un paio di chilometri pedalabili, poi rampe secche oltre il 15%, bello con le gambe ghiacciate. Superi alcuni dei concorrenti che sono partiti prima di te, ovvero in classifica ti sono dietro, giustamente prendono il loro passo. Non supereranno il cancello di San Paul. Finito l’asfalto la pendenza concede una tregua, ma il fondo sterrato e un po’ ghiaioso non ti permette di aumentare la velocità.
Questa salita la conosci, l’hai fatta l’anno scorso in allenamento. Sempre molto regolare e tutta pedalabile fino ai 2860 m di altitudine del colle. Altri concorrenti partiti dietro di te ti superano, hanno un bel passo, buon per loro. Cerchi di amministrare le tue energie, sai che questa salita è lunga, il dislivello è di circa 1700 m in 17 km, un buon 10 % di media. Le altre salite saranno peggio. Dopo un’ora e mezza inizi a fare una breve sosta per mangiare un po’ di zuccheri, devi alimentarti poco alla volta ma frequentemente. La strada è sempre pedalabile, ma dopo i 2200 m l’altitudine inizia a farsi sentire. L’influenza due settimane prima di partire non ci voleva proprio, dieci giorni di febbre va e vieni, dissenteria, un chilo perso in più del dovuto e niente allenamenti per quasi venti giorni. Il che significa che quest’anno sopra i duemila ci sei andato solo due volte. Così inizi a lottare contro la voglia di mettere il piede a terra per rifiatare un attimo, ti distrai, ti guardi attorno, cerchi di prendere il ritmo di qualcuno che lentamente ti supera, un po’ ci riesci ed un po’ no.
Zuccheri, un sorso dal Camel Back, alla fine il colle arriva. Metti i piedi su una lingua di neve, stoica resistenza di un inverno generoso di freddo e ghiaccio, scivoli. Inizia l’ultimo tratto, circa cento metri di dislivello da fare tutti a piedi un po’ bici a fianco un po’ caricata sula schiena come fosse la tua croce. E lo è. Sei quasi in cima e senti dire “scusa”, ma è una pronuncia strana. E’ il brasiliano Hugo Prado Nieto, il primo dei primi che ti supereranno, spinge la bici e soffia come una locomotiva, forse quasi tre mila metri di altitudine fanno male anche ai marziani. Finalmente vedi la croce, quella di ferro posta in cima al Monte Bellino quota 2950 m, a ricordo di qualche alpinista che su quei versanti ha finalmente trovato la quiete che cercava da tutta la vita. Uno sguardo solo ed inizi a scendere, ma solo pochi metri, quanto basta per trovare un piccolo spazio per fermarsi e posare la bici senza intralciare gli altri. Il sole ora brilla orgoglioso, vento non c’è ne e freddo non ne fa. Ti metti il gilet leggero, giusto perché sei bagnato marcio. Senti una voce un po’ secca che urla “occhio!”. Eccoli, sono arrivati, sono i primi, quelli forti per davvero. Ismael Ventura Sanchez, Sibil, Barrazuol, tu ci hai messo tre ore e mezzo, loro sono partiti circa un’ora dopo. Non li invidio più di tanto, sembrano segugi da caccia, non possono nemmeno permettersi di darsi un’occhiata intorno al paesaggio spettacolare che comunque li circonda. Sguardo verso il basso sembrano fiutare il terreno, saltano in sella già lassù, se la faranno tutta in bici quella discesa senza senso. Un dei più cattivi è Barazzuol, ci sono un po’ di tornanti che tagliano da destra a sinistra la pietraia che corre lungo valle, lui prende giù dritto e li taglia tutti. Tu nel frattempo sei pronto, tre ore e mezzo per salire e venti secondi di permanenza in vetta.
Primo pezzetto a piedi, poi in sella, ma ad ogni tornate smonti e giri la bici, poi riparti. Magari sarebbe anche l’ora di imparare davvero ad andare giù in certi tratti tecnici. E così è tutto un monta e smonta dalla bici, sei caduto l’anno scorso in quel tratto e vorresti non ripeterlo. Chi non ti ha già superato in salita lo farà agevolmente in discesa, donne comprese. Ti ritrovi non proprio nelle ultime posizioni ma quasi.
Il rifornimento è posto nel punto più basso, al bivio per il Colle del Maurin, un metro prima che ricominci la salita. Riempi d’acqua lo zaino, cerchi di mangiare quanto possibile, la radio dice che il primo è già transitato sul Maurin, ti chiedi come sia possibile. Stringi le scarpe e riparti, subito a piedi. Praticamente tutta salita a spingere la bici tranne venti metri. Poi risali su qualcosa che è più simile ad una frana che ad un sentiero, e ti ricordi che l’altra volta che ci sei passato ti sei lasciato andare ad una battuta con due escursionisti che stavano lì a margine seduti tranquilli mangiando: “è questa la via crucis?”. Tieni duro e speri che le scarpe non ti creino troppi problemi ai piedi, poi finalmente mentre scivoli sulla neve vedi delle guardie forestali e gli chiedi: “è già questo il colle?” ti rispondono di si e ti dicono: “dai bravo, adesso è tutta discesa”. Grazie, molto tecnica e con dei passaggi da fare a piedi bici in spalla perché non sai nemmeno dove metterli i piedi e qualche volta sei costretto  a far passare prima la bici, posarla e poi scendere aiutandoti con le mani.
Ecco questo è IRON BIKE.
Ti raggiunge un’altro concorrente, è quello che questa mattina, un sacco di ore fa’, era seduto a fianco a te sull’autobus. Si chiama Stefano. Ti chiede se sai quanto manca di discesa e dove sia il cancello da passare entro le 14. Gli rispondi che la discesa è quasi finita e che il cancello è subito dopo, alla fine del della prova speciale, in corrispondenza del rifornimento ed essendo le 12.45 non ci sono problemi a passarlo. Ma ti sbagliavi. La discesa finisce ed il rifornimento c’è, è quasi l’una. Ma il cancello non è quello, è oltre dieci chilometri più in giù. Allora riempi di corsa il Camel Back, mangi masticando il più velocemente possibile frutta secca, qualche mezza banana, una fetta di pane e marmellata. Riparti, ti accodi ad altri due concorrenti. Conoscono il percorso, l’hanno già fatto l’anno scorso, per oggi ne hanno basta e si ritireranno al passaggio al cancello. Ti dicono che se vuoi passarlo in tempo devi darti una mossa perché si, ci sono dieci km di discesa, ma anche un paio di strappi secchi in salita. Ti butti giù dietro di loro e cerchi di stare in scia. Nell’ora calda il vento soffia al contrario rispetto al mattino presto, cioè da valle verso monte, quindi opposto al senso di marcia. La discesa è su asfalto ma non troppo ripida, c’è da pedalare, ma loro si ritireranno, rinunciando ad altre sette ore di bici. Stiano davanti loro. Poi ad un bivio imprevisto loro proseguono dritti in discesa verso il campo base, tu che invece vuoi proseguire, vinci una deviazione omaggio per godere dello spettacolo di un ponticello di pietra sospeso nel vuoto, un km di salita secca su asfalto e poi freccia giù, sentierino da capra. Poi ancora strappo secco a salire, discesa su single track un altro paio di mangia e bevi e ci sei, il bivio che rappresenta il cancello da passare entro le 14. Sono le 13.50, è andata. Cento deviazioni per tornare sulla strada principale dove gli altri due avevano tirato dritto. Ti dicono: “questo è il cancello, sei in tempo”. Per dieci minuti risparmiati vinci un altro giro di giostra da sei ore e mezzo, sei a metà strada esatta.

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IRON BIKE 2009 (parte seconda)
« Risposta #1 il: Agosto 10, 2009, 01:33:23 pm »
Un simpatico amico ti dice: “prendila pure piano e a piedi è un po’ ripida”. Guardi in sù e ti chiedi chi mai possa essere stato quel cretino che ha costruito una strada sterrata così ripida, mai visto nulla di simile. Nel frattempo ti ritrovi in tre, un bel trenino, ognuno spinge la propria bici su quelle ripide rampe e ci si scambia qualche parere. Poi molla e diventa una bella strada di sotto bosco, quasi piacevole, pochi chilometri, due guadi e si torna a salire su asfalto, è il mitico Col du Vars, altri 4 km e 400m di dislivello. Ci ritroviamo in cinque, sono le tre del pomeriggio e approfittiamo del pezzo pedalabile (d’altra parte è solo un 10%) per fare qualche chiacchera. Mezz’ora e siamo in cima, cambi rapido e vai giù in discesa, convinto che ci sia asfalto veloce fino a Vars. Uno degli altri ti supera bello in posizione. Cento metri dopo simpatica frecciolina fucsia a destra, l’altro non vede la deviazione e gli tiri un beo. Lui inchioda la posteriore, si ferma, gira la bici, cambia, intanto impreca e riparte. Ancora strappo secco e signle track a scendere per poi tornare come sempre sulla strada principale.
Ecco, questo è IRON BIKE.
Perché se all'IB c'è una comoda e scorrevole strada bianca in discesa da percorrere rapidamente e comodamente, e magari diciamo ad un certo punto esiste la possibilità di farti deviare su un sentierino tipo: “c'hai presente 30% di pendenza e fondo ciottoloso” (leggi te lo fai a piedi) e poi c'è una bella discesina che neanche una capra col freno a disco riuscirebbe a fare, loro, quella deviazione, te la fanno fare, così il percorso è più duro.
Non si può fare un paragone con qualunque altra marathon di lunghezza e dislivello pari ad una tappa dell'IB, perché mentre in una gran fondo normale si cercano percorsi sul pedalabile, all'IB cercano apposta passaggi impervi, discese a volte esagerate e pericolose (circa quindici concorrenti finiti all'ospedale, alcuni portati via in elicottero).
Si arriva a Vars, rifornimento, adesso arriva il momento più divertente, cabinovia prima e seggiovia dopo. Saliamo in due, io e Stefano, a mala pena si sta’ in due bici annessa nella cabina, diamo uno sguardo al road book, ne manca ancora e non torna il conto dei chilometri, non capiamo.
Scendiamo dalla cabinovia, breve tratto di discesa e poi seggiovia.
Ora ti conviene mettere la mantellina, zaino davanti, bici in braccio e l’addetto della seggiovia ti aiuta a saltar su. Poi cerchi di tirar giù la protezione davanti, ma si incastra nel manubrio, la tiri di nuovo su, cerchi di abbassare la bici, la posi col telaio sul piede sinistro e la tieni con la mano destra, poi cerchi di abbassare la sbarra, ci passa a pelo, ma se la metti giù la bici resta incastrata e non riesci a tirarla su. All’ora ritiri su un pochino la sbarra, con uno sforzo notevole tiri su la bici e butti giù la sbarra, il tutto cercando di non volare di sotto dietro alla bici. Finalmente ci sei, cerchi di stare comodo e rifiatare un pochino, la seggiovia si ferma. Prendi dallo zaino che hai davanti una barretta e la mangi, la seggiovia riparte. Il vento è fortissimo ed abbastanza freddo, ma il sole scalda forte. Poi, quando manca poco a scendere bisogna fare l’operazione inversa ed è molto più complicata, un po’ di sbarra su, giù la bici, su la sbarra, sotto ci sono trenta metri di vuoto “e te la fai addosso”. Ora sei senza sbarra e stai bello indietro per non cadere. Arrivi alla fine e scendi cercando di non inciampare e prendere una facciata. Discesa? No. Altri 500 m in salita, poi un cartello inquietante: “discesa pericolosa, obbligo di condurre la bici a piedi”. E pensi: “ma se le altre discese le hai fatte a piedi perché erano orribili, questa che roba sarà?” Primo pezzo ok, poi tre quarti d’ora di imprecazioni con passaggi tra le rocce dove non passa il manubrio. Tanto pensi che non sei in prova speciale (puoi capire!) e mentre scendi te la racconti un po’ con gli altri. Hai passato mesi in ufficio a lamentarti che stai sempre seduto ed ora fino almeno a natale te la godrai quella sedia.
Finita la discesa, ennesimo guado, sai che ora tocca al tunnel del Parpaillon e che dovresti risalire la valle, cioè andare verso sinistra, ma le frecce indicano di andare a destra e scendere ancora su asfalto, giusto per poi dover risalire ancora di più. Fine asfalto, inizio prova speciale e rifornimento. Sono le 17, sei in giro da nove ore e mezza, le gambe sono un ricordo, le braccia sono ustionate. Bevi due bicchieri di coca-cola fresca grazie alle ragazze del rifornimento che le hanno pagate di tasca loro. Siamo tra gli ultimi che hanno passato il cancello e non è rimasto quasi più nulla. Chiedi alla signora della croce rossa se per caso ha un po’ di crema solare, per fortuna ne ha due bustine ad alta protezione, te la metti, poi come una mamma ti lava anche le mani con una spugna insaponata, spettacolo. Quando ti senti pronto, riparti, chippi nuovamente e ti avvii, poi un urlo: “non da quella parte, su per il prato”. Ti pareva, credevi di seguire una strada, no. Devi andare su per un campo di grano falciato di fresco. Segui le bandelle azzurre, prima su, poi giù tra le balle di fieno, poi ancora su. C’è uno che scende, è un’altro concorrente che non trovando più altre indicazioni sta’ tornando indietro. Insieme rifacciamo alcuni metri e troviamo la strada. Qualche rampa secca su sterrato, poi si torna su asfalto non troppo ripido e sterrato pedalabile fino in cima. Prima nel bosco, poi dopo una certa quota si apre. L’altro ragazzo, una specie di pertica romagnola, prende il suo passo e piano piano va su. Tu prendi il tuo, non va male ma la velocità non è molto elevata. Più si sale però e meno energie restano, adesso sono undici ore che sei a giro e sei sempre più stanco. Due concorrenti ti riprendono, uno è Stefano, qualche parola di incoraggiamento ma non riesci a tenere il loro passo per lento che sia. Inizia il calvario. Ogni scusa è buona per fermarsi un attimo, zuccheri, un pezzo di barretta, controlli la ruota, forse tocca un po’ il disco, pensi sia impossibile faccia tutta quella resistenza, la pendenza non è poi eccessiva ed il fondo non troppo sconnesso. Riparti e capisci che sono le gambe che non ne hanno più. La spia gialla si è accesa: sei in riserva. Abbia inizio la sofferenza, quella vera. Spingi a piedi dove normalmente saliresti pedalando e speditamente. Già, se soltanto fossi fresco e non al secondo giorno di IRON BIKE e dopo undici ore di sella. Ti passa un’altro, ha la luce frontale già montata sul casco dalla partenza, fissata con due fascette da elettricista che sembrano le antenne del grillo parlante, poteva tagliarle almeno, pensi. Vai più forte a piedi tu di lui in bici, così desiste e spinge anche lui, ma va ancora più piano.
Ti supera un fuori strada dell’organizzazione: “ce la fai?”. Nemmeno rispondi, fai solo un cenno con la testa. Incontri le moto scopa che scendono, scendono? Uno fa lo splendido senza casco in bilico sul cilio della strada e si imbelina. Giri la curva e vedi l’imboccatura del tunnel, finalmente, per orgoglio sali in bici e fai l’ultimo pezzo pedalando. Ti offrono un bicchiere d’acqua, lo bevi, manco ringrazi. Ti raccomandano di mettere la mantellina, lo fai, nel tunnel fa freddo. Metti la luce frontale, agganci il pedale e ti infili nel buco. Pensi: “ecco lo sapevo”, la luce è rimasta accesa nello zaino e si è scaricata. E invece no, è così buio che illumina a mala pena un’area grande come una pizza mezzo metro davanti alla ruota. Tutto il resto è nero. Pozze ovunque, acqua fredda e sporca, tanto sei già bagnato e sporco. Arrivi dall’altra parte, c’è un altro dell’organizzazione. Gli chiedi: “sai quanto manca?”. “Tranquillo quindici chilometri di discesa, poi solo uno strappetto su asfalto, ma poca roba”. Ore 19.15, pensi che in un'ora e un quarto non dovrebbero esserci problemi. Discesa scorrevole e veloce, raggiungere i cinquanta all’ora è un attimo. Due chilometri ed uno strano rumore al posteriore ti dice: “fermati ragazzo, hai bucato”. Ti fermi, imprechi. Sono le 19.20 e ancora sei ad oltre 2500m, sei all’ombra e fa di nuovo un freddo cane. Smonti tutto, sostituisci la camera d’aria, rimonti e provi a gonfiare, ma il rubinetto della bomboletta co2 si rompe e non ci riesci. Sembra finita. Per fortuna dopo qualche minuto si ferma uno spagnolo con una pompetta piccola, ma così piccola che non l'avevi mai vista. Si ferma anche un matto 63enne della Val Gardena "grazie Ubaldo", fa parte dell'organizzazione. Si mette lui a gonfiarti la gomma come un matto per l’appunto. Sei bagnato, hai un freddo fotonico. Ore 19.35, ti ributti giù a velocità folle rischiando di finire di sotto, ma dopo la fine della prova speciale (perché si buca solo e sempre in prova speciale), quelle simpatiche scritte IB fucsia ti indicano di andare ancora in salita: ma non doveva essere tutta discesa? Alla fine saranno 25 km, gli ultimi dieci un bel saliscendi spacca gambe o quello che può esserne rimasto dopo 104 km e quasi 5000 m di dislivello.
E vai maledettamente fuori tempo massimo PER DUE MINUTI.
A quel punto sei al traguardo della seconda tappa su sette, ti eri svegliato alle quattro per salire su un bus da San Damiano Macra ad Acceglio, trovarti ad aspettare 45 minuti che riconsegnino le bici al freddo senza che ancora il sole possa scaldare quel bel vento gelido che viene giù dalle amate montagne.
Partenza effettiva alle 7.33 e davanti a te: Monte Bellino, Colle Maurin, Col du Vars e Tunnel del Parpallion più un’altra miriade di mangia e bevi rigorosamente non segnati nel road book. Poi finalmente arrivi, ore 20.35 e devi ancora montare la tenda prima che faccia buio, lavarti, lavare e lubrificare la bici, cenare (se ci riesci e se riesci a sopportare le battute del simpatico cuoco), lavarti la gamella nel lavandino col doccia schiuma, dividere due gabinetti con altri 120 concorrenti ed un centinaio di accompagnatori, preparare l'abbigliamento e lo zaino per domani, massaggiarti le gambe o farti fare i massaggi dai massaggiatori, darti la crema al soprasella e mettere i cerotti alle vesciche incipienti, magari curare anche l'inevitabile tendinite al ginocchio, infilarti nel sacco a pelo e provare a dormire (nel frattempo è mezzanotte) concentrandoti nel tentativo di ignorare il rumore del generatore dei meccanici che alla luce delle fotoelettriche si industriano a risistemare le bici fino a notte fonda. Domani la sveglia è alle 5.00, hai altri 100 km e dieci ore di bici da fare. E sei solo alla terza tappa.
Ecco, questo è IRON BIKE.

P.S. l'emozione di essere giunto al traguardo percorrendo ogni dannato metro e riabbracciare la propria ragazza è impagabile ed inspiegabile.

Ciao.

Offline pippob89

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Re: IRON BIKE 2009
« Risposta #2 il: Agosto 12, 2009, 01:39:02 pm »
Mamma mi hai fatto venire i brividi a leggerla!!!

Alla fine della gara ogni anno dico: basta prossimo anno vado una settimana al mare al posto di far l'iron...poi però ti iscrivi di nuovo!!!

cavolo uscire x così poco fa proprio girare e poi se pensi che prendi gli stessi punti di penalità di quelli che avevano fatto metà tappa fermati al cancello di st. paul ancora di più... però c'è la soddisfazione secondo me che ripaga!!!  :wut30:

grande e stracomplimenti... magari ci si rivede prox anno o se la salita al rifugio barbara (tappa barge-torre la "salitella" asfaltata prima dell'inizio dell'ultima ps) ti ha colpito a settembre organizziamo una cronoscalata :cheers:

cmq giù dal bellino nn so neanch'io come ho fatto a rientrare nel viottolo dopo aver tagliato dritto  :wacko:

ciao ciao
filippo

Offline trimaliteam.eu

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Re: IRON BIKE 2009
« Risposta #3 il: Agosto 13, 2009, 02:37:05 pm »
Ciao Filippo,

lieto che tu abbia letto il mio racconto.

Non posso che farti i complimenti per il tuo bel piazzamento e per aver vestito la maglia di leader  :winner_first_h4h:

Fammi sapere quando è esattamente la cronoscalata, è un po' lontana per me, ma devo dire che la salita è proprio interessante (pensa che c'era gente che l'ha fatta a piedi!!!)  :bicycle:

Ciao e a presto.

Luca  :cheers:


Offline Black Panther

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Re: IRON BIKE 2009
« Risposta #4 il: Agosto 13, 2009, 10:39:16 pm »
Complimenti trima, ho voluto "sprecare" 10 minuti del mio tempo per leggere il tuo racconto e devo dire che li ho spesi bene... benissimo direi. Il racconto è avvincente, emozionante e di certo coinvolge molto.
Se in fabbrica si fossero svegliati prima nel dirmi che la cassa integrazione per me sarebbe durata così a lungo probabilmente avrei provato ad iscrivermi e farla... del resto nella zona in cui vivo non avrei avuto problemi ad allenarmi allo scopo!!

Credo che una avventura del genere non possa essere improvvisata, va sicuramente preparata bene, soprattutto a livello mentale. Correggimi se sbaglio!  :smile:

Ancora complimenti a te  :cheers: e a tutti quelli che l'hanno finita.... e quelli che almeno ci hanno provato  :biggrin2:

Bp

Offline alegen

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Re: IRON BIKE 2009
« Risposta #5 il: Agosto 14, 2009, 09:19:01 pm »
Mitico. Il tuo racconto e' epico al pari della tua impresa.
Quando ti ho chiesto di raccontare qualcosa in più speravo proprio in qualcosa del genere.
I miei più grandiosi complimenti.

Considerazione generale: in tutto questo mi chiedo quanto sia giusto che le enormi difficolta' del percorso siano ulteriormente amplificate da una logistica volutamente nemica.
Ma tant'e', chi si iscrive non e' obbligato a farlo e, come si suol dire, ''non gliel'ha ordinato il dottore!!''

Offline oniriko77

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Re: IRON BIKE 2009
« Risposta #6 il: Agosto 14, 2009, 10:56:29 pm »
non ho mai capito il perchè inserire discese volutamente estreme e pericolose e anche salite impossibili che poi come sempre devono essere affrontate a piedi  :thumbdown:

l'unica motivazione è quella del rendere la gara sempre la più estrema la più dura la più massacrante...

ma sono anche queste caratteristiche che tengono lontani da questa corsa numerosi amatori di livello medio-alto che magari parteciperebbero ad una corsa come questa se solo fosse un po' meno devastante per il fisico e per il mezzo

Offline trimaliteam.eu

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Re: IRON BIKE 2009
« Risposta #7 il: Agosto 25, 2009, 08:37:43 am »
Di sicuro una gara del genere va preparata bene: fisico, testa ed attrezzatura (sia bici che campeggio).
Per quanto riguarda la testa ho una specie di predisposizione per gare di questo genere e quindi non è un gran problema.
Per quanto riguarda le gambe ed il fiscio più in generale (braccia, schiena), ho provato a prepararmi bene, ma non sono riuscito ad arrivarci al top complice anche l'influenza dell'ultimo minuto.
Riguardo i commenti sull'inserimento di difficoltà tecniche del percorso, vedi salite e discese da fare spesso a piedi e le difficoltà logistiche, non c'è nulla da fare.
Come già detto gli organizzatori si ispirano ai rally africani dei quali sono veramente impallati ed hanno cercato di riprodurre le stesse condizioni. E' proprio la caratteristica che rende questa gara unica e diversa da qualunque altra gara. Io non conosco la Transalp, ma chi le ha fatte entrambe ha definito quest'ultima "una passeggiata per signorine" in confronto all' Iron Bike.
Qualcuno ha esperienza della Transalp?

Ciao e grazie a tutti dei complimenti, lieto che il racconto vi abbia emozionato.

Luca.

Offline yayayaya

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Re: IRON BIKE 2009
« Risposta #8 il: Settembre 28, 2009, 11:59:10 am »
vedendo il dvd dell'iron bike 2007 ho notato che uno pedala senza attacchi!!!, sono realmente 140 biker selezionati o chi vuole si iscrive, poi il rubagalline abbandona alla prima tappa?

Offline trimaliteam.eu

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Re: IRON BIKE 2009
« Risposta #9 il: Settembre 28, 2009, 05:55:50 pm »
La selezione è così fatta: se paghi e trovi posto sei selezionato!!!
Assolutamente non devi aver fatto nessun altra gara di selezione ne tanto meno essere dentro a qualche ranking.
Potenzialmente addirittura potresti non essere tesserato, presentarti con un certificato medico agonistico valido e fare la tessera lì per lì.
Questo non toglie che, secondo me, se arrivi al traguardo sei un grande. E' una gara in cui viene premiato lo spirito d'avventura e non essere un campione delle GF.
Partono tutti, arrivano in pochi.
Peccato solo che se per esempio uno si fosse ritirato ad ogni tappa, comparirebbe 85esimo in classifica (70000 punti), molto davanti a tanti altri che le tappe le hanno finite tutte entro il tempo massimo. Spero l'organizzazione ponga rimedio in futuro a questo problema.

Ciao.

Offline yayayaya

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Re: IRON BIKE 2009
« Risposta #10 il: Settembre 28, 2009, 08:07:43 pm »
quindi è come pensavo, non sono 140 biker selezionati come dicono nel dvd ed infatti qualcuno sembra più un rubagalline che un iron biker.
rimane il fatto che finire anche solo metà delle tappe è un'impresa grandiosa.

Offline oniriko77

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Re: IRON BIKE 2009
« Risposta #11 il: Ottobre 01, 2009, 09:44:44 pm »
quindi è come pensavo, non sono 140 biker selezionati come dicono nel dvd ed infatti qualcuno sembra più un rubagalline che un iron biker.
rimane il fatto che finire anche solo metà delle tappe è un'impresa grandiosa.

diciamo che di agonisti veri sono solo i primi 10  :63:

Offline yayayaya

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Re: IRON BIKE 2009
« Risposta #12 il: Ottobre 01, 2009, 11:12:49 pm »
10 mezzi elite e molti altri che si fanno quasi tutte le tappe dovrebbero essere biker di altissimo livello oppure il dvd è sapientemente montato ritraendo solo quelli più forti.
c'è l'intervista ad un biker che spera di salire in vetta con 3h30 contro 1h30 dei primi, qualche dubbio che fosse un rubagalline mi è venuto.

Offline Vecioalpinn

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Re: IRON BIKE 2009
« Risposta #13 il: Luglio 09, 2010, 02:40:51 pm »
Anche se è passato un po di tempo da quando è stato postato questo bellissmo racconto, colgo l'occasione di dirvi che quest'anno tocca a me.....alla fine vi racconterò com'è andata.....essendo la prima volta parto con l'obiettivo di finirla!!!!
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Re: IRON BIKE 2009
« Risposta #14 il: Luglio 23, 2010, 01:16:26 pm »
Anche se è passato un po di tempo da quando è stato postato questo bellissmo racconto, colgo l'occasione di dirvi che quest'anno tocca a me.....alla fine vi racconterò com'è andata.....essendo la prima volta parto con l'obiettivo di finirla!!!!

In bocca al lupo !!!!  :63:
« Ultima modifica: Luglio 29, 2010, 03:33:34 pm da trimaliteam.eu »